Si sente sempre più spesso parlare di responsabilità medica. Di che cosa si tratta? Quali sono i presupposti per chiedere un eventuale risarcimento e, soprattutto, se si ritiene di aver subito un danno, quali prove bisogna essere in grado di fornire?
Prima di tutto è opportuno ricordare che la responsabilità medica è quella particolare tipologia di responsabilità professionale in virtù della quale chi esercita un’attività medica è chiamato a rispondere dei danni arrecati alla salute psicofisica di un paziente (intesi come peggioramento delle condizioni di salute, ovvero come insorgenza di nuove patologie) a causa di errori od omissioni commessi con negligenza, imprudenza, imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Premesso che il comportamento colposo del medico è fonte di responsabilità, è fondamentale chiarire se essa abbia natura contrattuale o extracontrattuale, in quanto da tale distinzione dipende un diverso onere della prova, inteso come il tipo di prove che vanno fornite per ottenere un risarcimento.
Di responsabilità contrattuale si parla quando un soggetto non adempie correttamente una prestazione alla quale è tenuto in forza di un contratto. La norma di riferimento è l’art. 1218 del codice civile, secondo cui “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da una causa a lui non imputabile”.
Nel caso in cui tale rapporto contrattuale manchi, chi ha subito un danno può comunque chiedere il risarcimento, ma deve fornire la prova rigorosa della condotta di chi lo ha danneggiato, dell’elemento soggettivo (la colpa), del danno subito e del nesso causale che li lega.
Attualmente la materia è disciplinata dalla legge Gelli/Bianco n. 24/2017, che, segnando una netta cesura rispetto alla precedente disciplina di cui alla legge Balduzzi del 2012, ha cercato di armonizzare il diritto alla salute dei pazienti con la tutela del personale medico sanitario in tema di responsabilità professionale, riducendo il più possibile il ricorso alla c.d. “medicina difensivistica”, ossia a quell’insieme di pratiche ed esami sovrabbondanti disposti dai medici al solo fine di ridurre il rischio di subire un contenzioso.
In sostanza, se la responsabilità del singolo medico fosse di natura contrattuale, spetterebbe a lui dimostrare di non avere colpa per il danno riportato dal paziente, avendo diligentemente seguito le linee guida ed i protocolli dell’arte medica. Diversamente, se la responsabilità del medico fosse extracontrattuale, spetterebbe al paziente dimostrare in maniera puntuale i profili di responsabilità del singolo medico ed il nesso di causalità tra danno e condotta illecita.
Poste tali premesse, la legge Gelli/Bianco del 2017 ha stabilito che i medici che operano a qualsiasi titolo presso una struttura sanitaria sono responsabili dei danni cagionati ai pazienti per colpa ai sensi dell’art. 2043 del codice civile (responsabilità extracontrattuale), salvo il caso in cui abbiano agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale specificamente assunta nei confronti del paziente.
Le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private assumono invece nei confronti del paziente una responsabilità contrattuale e, a tale titolo, rispondono dell’operato dei medici e del personale sanitario che a qualsiasi titolo collabora con loro.
Quanto al termine di prescrizione, va precisato che è di 5 anni per la responsabilità extracontrattuale, e di ben 10 anni per la responsabilità contrattuale.
In sintesi, un’azione risarcitoria proposta contro la struttura sanitaria ha dunque maggiori probabilità di successo rispetto all’analoga azione proposta contro il singolo medico, stante il regime probatorio più favorevole per il paziente, ed il termine prescrizionale decennale.
Si tratta di aspetti certamente importanti, da valutare con il necessario ausilio del proprio legale esperto di responsabilità medica prima di formulare una qualsiasi ipotesi risarcitoria.
Questo articolo è stato redatto per ACQUiRENTi APS da:
GUGLIELMO ANGIONI
Avvocato
STUDIO LEGALE ANGIONI
Piazzale Loreto, 11
20131 MILANO
+39 02 49445437
ACQUiRENTi AL TUO FIANCO
Ogni anno in Italia ci sono centinaia di casi di errori in campo medico, e la maggior parte non viene perseguita civilmente e penalmente, spesso per paura, mancanza di denaro o errate informazioni. Si parla di Malasanità in quei casi in cui il professionista, non rispettando le regole della scienza medica, provoca dei danni o lesioni permanenti al paziente, finanche purtroppo la morte. Per provare la responsabilità medica è necessario trovare e dimostrare la relazione tra le azioni compiute dal medico o dalla struttura sanitaria e le lesioni riportate dal paziente. Se pensi di avere subito un danno da errore medico o per una non corretta assistenza sanitaria, devi affidarti ad un team di esperti avvocati e medici legali per una preliminare valutazione di procedibilità del tuo caso. Purtroppo può capitare che un professionista sbagli, ma è giusto ottenere giustizia e quindi un equo risarcimento per malasanità, anche perché denunciando l’accaduto diminuiranno le probabilità che questo si possa ripetere in futuro.
#tituteloio
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