La risoluzione delle controversie 1 – La mediazione civile e commerciale

Sentiamo spesso parlare di mediazione e negoziazione assistita ma per il profano restano ancora a volte due strumenti poco conosciuti.

Mutuati dai paesi anglosassoni – si parla di “alternative dispute resolution” – sono stati pensati dal legislatore come mezzi alternativi alle liti con il chiaro obiettivo di ridurre le cause giudiziali. Questo è il fondamentale punto in comune.
Le differenze però non sono poche.

In questo nostro primo articolo ci concentreremo sulla mediazione civile e commerciale, introdotta con il decreto legislativo n. 28 del 2010 e successive modifiche. Si tratta dell’attività svolta da un terzo imparziale (mediatore), finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche formulando una eventuale proposta per la risoluzione della stessa.
Essa può essere obbligatoria o facoltativa.

E’ obbligatoria quando la controversia tratta di condominio, proprietà, divisione, successioni ereditarie, locazione, comodato, affitto di azienda, risarcimento danno da responsabilità medica o da diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi, bancari e finanziari. In questi casi deve necessariamente essere esperita prima dell’instaurarsi di un giudizio innanzi il Tribunale o il Giudice di Pace.

La domanda di mediazione, inoltre, interrompe i termini di prescrizione, ovvero quel lasso di tempo entro cui una parte deve agire, poiché in caso contrario il diritto si considera estinto e la parte perderà la facoltà di esercitarlo. Nelle altre materie è facoltà delle parti scegliere di avvalersi di questo strumento prima di avviare una causa giudiziale. L’ausilio di un mediatore che porta le parti a confrontarsi può fornire un valido aiuto e scongiurare una causa dall’esito non prevedibile e dai costi potenzialmente più elevati.Nella mediazione i soggetti interessati propongono un’istanza a un organismo iscritto nel registro degli organismi presso il Ministero di Giustizia evidenziando l’oggetto della controversia, le parti coinvolte e le ragioni che sottendono alla controversia. Viene quindi fissato un primo incontro dall’organismo che notizia l’altra parte. E’ facoltà delle parti aderire alla mediazione e quindi iniziare un percorso per cercare una soluzione o meno.

E’ importante ricordare che la mancata adesione può essere valutata dal Giudice che “potrà desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”. La mancata partecipazione potrà inoltre essere valutata dal Giudice al fine della condanna alle spese di lite o al risarcimento per lite temeraria.

Al termine del percorso, se iniziato, le possibili soluzioni saranno o il raggiungimento di un accordo di mediazione o un verbale di mancato accordo.

In mediazione l’assistenza da parte degli avvocati è obbligatoria per le parti per le materie a pena di improcedibilità, tuttavia non mancano voci (per esempio Corte d’Appello di Venezia sentenza n. 3527 dd. 10.12.2020) che offrono una visione diversa e ritengono che le parti possano stare in mediazione anche da sole.
In quest’ultimo caso, tuttavia, l’accordo di mediazione eventualmente raggiunto non costituisce titolo esecutivo, quindi non si può agire, senza la necessità di ulteriori e aggiuntivi passaggi innanzi l’Autorità Giudiziaria competente, per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati, infatti, attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, offrendo un’importante garanzia.

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